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24 gennaio 2011

Un giorno a Trieste


15 dicembre 2010 

Lo sapete qual è il programma più lungo che viene trasmesso in televisione? La pubblicità, ovviamente, anche se in modo frammentario. La cosa non dovrebbe sorprendere. L’Italia, insieme alla Corea, è il paese che più investe nella pubblicità televisiva. Sbagliamo però se crediamo che la pubblicità venga riproposta con un’unica formula in tutti i paesi del mondo. In Italia, ad esempio, c’è un abuso sorprendente di testimonial più o meno famosi, spesso sconosciuti oltre i confini nazionali. Siamo legati alla celebrazione del prodotto e pecchiamo per localismo. Il Festival di Cannes ci insegna che è possibile fare pubblicità in un modo nuovo, basato non sulla frequenza e sulla ripetitività dei soliti cliché, ma sull’impatto. Il sogno è per sua natura un volo pindarico. E lo stesso deve essere la pubblicità. Gli spot premiati a Cannes quest’anno possono provocare le più diverse emozioni, per non lasciarci mai indifferenti. Vogliono stupire lo spettatore. E ci riescono benissimo. Il prodotto spesso compare solo negli ultimi secondi dello spot, ai margini. Al centro invece c’è il racconto, la storia, l’avventura. Se vogliamo, è un carosello bonsai, un due minuti e mezzo condensato in trenta secondi, dove il prodotto compare solo come risoluzione finale. L’eccesso di mercificazione uccide la merce. Chissà quando lo capiranno anche le aziende. 


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