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10 gennaio 2011

La pazienza del bianco

di Alessia Castellani
Una sorta di "riservatezza cromatica" domina i quadri di Lorenzo Marini, una specie di riserbo in virtù del quale il colore compare per fugaci apparizioni, per improvvise fratture sul candore della superficie di supporto. I dipinti assumono il valore di variazioni su un tema: quello del bianco e ad esso strettamente contiguo, quello del vuoto.


La tendenza all'acromia, dunque, è ben lungi dal connotarsi come semplice assenza ed è in questo aspetto che, come sottolinea Marini, consiste l'intimo paradosso del bianco: "strana contraddizione: il colore bianco è la somma di tutti i colori eppure la sua percezione è collegata all'assenza".


Un'equivalente, intima contraddizione caratterizza gli spazi bianchi costruiti da Lorenzo, abitati e quasi furtivamente attraversati da tracce cromatiche. Non vi è alcun espediente che tenti di celare la rigorosa costruzione architettonica del quadro, memore della formazione dell'artista, e tuttavia essa è costantemente messa in discussione dalla sensibilità materica e profondamente pittorica di Lorenzo, espressa dalle accensioni delle macchie di colore e dall'uso di materiali extrapittorici quali il cotone, il gesso, la colla e la carta che rendono vibranti le superifici.

 
Lorenzo Marini ha intrapreso una prova ardita e paziente: il bianco, come il vuoto, è in potenza sommamente abitato, ed è da questa capacità di condensazione del senso che deriva tutta la propria forza espressiva.

 

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