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24 novembre 2010

"Il Paese nuovo"

Vorrei ringraziare pubblicamente Vincenzo Camerino, docente dell'università di Lecce, per lo splendido editoriale uscito la scorsa settimana, in due puntate, su "Il Paese Nuovo", interamente dedicato alla pubblicità. Prendendo spunto da una nostra conferenza tenuta all'università di Lecce, Vincenzo Camerino si interroga sul ruolo della pubblicità nella società, senza arrivare a paragonarla alla vera arte del nostro tempo, ma riconoscendole il potere indiscusso di condizionare la vita di tutti i mezzi di comunicazione e di essere uno dei principali motori dell'economia. Secondo me alla pubblicità va riconosciuto anche il merito di essere divenuta più attenta al mondo circostante e ai suoi bisogni. La nuova comunicazione passerà dal commerciale al sociale, così come nell'ultimo decennio è passata dal prodotto alla marca. Scrive il filosofo Jean Baudrillard: "L'arte oggi non esiste che nella forma della scomparsa. Ma essa può giocare la sua scomparsa per molto tempo con degli effetti sublimi. La pubblicità è invece al di là della scomparsa delle cose. Essa si installa nell'aldilà di questo punto, nel 'vanishing point', dove il senso e il messaggio non sono più delle poste in gioco. Là essa può giocare liberamente, senza regole del gioco. E' per questo che si possono difficilmente trovare una morale e una deontologia per la pubblicità, la moda o i sondaggi. La pubblicità è un dominio immorale, e sta qui d'altronde la sua grandezza".


19 novembre 2010

Sulle punte, non sui tacchi.

Com'è difficile liberarsi dai luoghi comuni. Tempo fa mi ha intervistato il settimanale "Grazia", Mondadori, sulla donna ideale. Pensavo a chissà quali questioni filosofiche. Invece le domande erano: Gonna o pantalone? Capelli lunghi o corti? Scarpe col tacco o ballerine? Terribile. Però tutti a dire: Tacco, tacco!
Vi spiego perchè preferisco le ballerine. Intanto perchè le ballerine hanno la nostalgia degli anni '60. Perchè si usano con qualsiasi abbigliamento e vanno d'accordo con tutti i piedi. Perchè non si fanno notare. Infine perchè non sono sexy come le scarpe con il tacco, ma eleganti, perchè fasciano il piede con più semplicità, quindi con più sensualità. Raccontano la camminata con più naturalezza. Pensate che prima del 1500 erano calzature maschili. Indossate dagli uomini di corte perchè comode ed ideali per le decorazioni fastose. Nel 1533 Caterina De' Medici chiese al suo calzolaio che le sue basse scarpe da sposa fossero rialzate. La scarpa bassa fu così abbandonata per lasciare spazio a tacchi e stiletti. Solo dopo la Rivoluzione Francese il tacco cominciò ad essere considerato volgare ed ostentativo. Per tutto l'800 le ballerine furono un must, un tripudio, una certezza. Ma veniamo agli anni '60, quelli del mito. Grazie a grandi donne come Audrey Hepburn, Brigitte Bardot e Jacqueline Kennedy, che ne hanno aperto la strada, le ballerine sono diventate una scarpa irrinunciabile per tutte le donne. E poi negli anni '90 arriva Armani. Ecco. Perfetto. Il mito ha trovato il suo designer, l'understatement quotidiano.

17 novembre 2010

A proposito di Vaniglia

Ci sono libri che durano pochi anni, altri inspiegabilmente, molti anni. Vaniglia ne compie dieci. Che strano. Sarà che lei vive a Los Angeles, lui a New York? Sarà perchè lei si veste sempre di bianco lui spesso di nero? Sarà perchè lei si occupa d'arte, lui di pubblicità? Non so. Ma lei crede nell'eterno dell'immagine, lui nella quotidianità della parola. Lei non crede negli uomini, avendone amato uno. Lui crede solo a se stesso.
Per chi non ha letto Vaniglia, è uscita ieri una recensione su Recensioni Libri.

15 novembre 2010

Il bianco.


Ti chiedono spesso perché il bianco.
Perché il colore bianco è la somma di tutti i colori, anche la sua percezione è collegata all’assenza. Perché è elegante come il silenzio, perché è l’attesa dell’inchiostro su un foglio di carta o l’attesa del colore su una tela da dipingere. Herman Melville in Moby Dick lo definisce “un incolore ateismo di tutti i colori”. Eppure il bianco è una scelta forte, radicale, senza compromessi.
Volete sapere come l’ho scoperto?
Avevo una manciata di anni, non uno di più. E quella sera sentivo i rumori del mondo. Provate ad immaginare di amplificare le vostre sensazioni e di ascoltare i suoni non solo della vostra camera, ma di tutta la casa. Non solo della vostra casa, ma di tutta la via. Non solo di tutta la via ma di tutto il quartiere. Compresi gatti, motorini, televisioni accese, discorsi, respiri, musiche, rubinetti che perdono, cascate d’acqua di giardini zen, risate, videoregistratori che trasmettono turnè di attori italiani. Non solo di tutto il quartiere, ma di tutta la città. Anzi, amplificate i suoni e metteteci dentro la provincia,  la regione, la nazione, il continente, gli oceani. E dunque milioni di suoni aggiunti, note di onde, di scogli, di aerei, di navi, di piogge, di treni, di deserti, di fabbriche che non chiudono mai, di cancelli automatici, di passaggi a livello, di fornai che bestemmiano, di macellai che pregano, di preti che si sconfessano, di cantanti con il motivo che sta per scoppiargli dentro, di amanti che si graffiano i loro rispettivi destini. Insomma un rumore che non vi dico, la somma algebrica di tutti i suoni del mondo che produce un risultato insopportabile. Intollerabile. Il punto è che gli angeli si sentono benissimo. E quando il mondo dorme loro ritornano al loro lavoro, che è quello di cantare. Cantare presuppone le note e le note presuppongono il rigo e il rigo presuppone il silenzio. Cantare sta al silenzio come vivere sta al battito cardiaco e amare sta alle lacrime. È una condizione sine qua non, questa. È una legge cosmica. Gli angeli cantano solo nel silenzio perfetto del cielo, poiché cercano l’armonia universale. E quella notte il pianeta era veramente rumoroso. Insopportabile. Il ronzio disarmonico dell’umanità. Così ci fu una riunione celeste.
- Bisognerebbe farli smettere.
- Già.
- Siamo troppo pazienti con gli uomini.
- Ricordati che lo sei stato anche tu.
- Sì, ma questi qui esagerano.
- Sentite che chiasso infernale.
- Come potremo mai raggiungere il canto perfetto se il rumore è così assordante?
- Come potranno mai capirsi gli uomini se continuano sempre a parlare?
- E quando si ascoltano?
- Anche al cellulare, vedete, parlano tutti.
- Nessuno ascolta nessuno.
- Dovremmo inventare qualcosa.
- Qualcosa di celeste.
- Il silenzio. Dovremmo far cadere giù dal cielo il silenzio.
- Sì, ma tutto nel mondo è forma concreta, materia. Che forma può avere il silenzio?
- E come può cadere senza far rumore?
Così dicendo gli angeli si riunirono e lavorarono tutta la notte. Prima dell’alba presentarono a Dio le loro invenzioni. E fu subito neve.
Eccomi lì davanti alla finestra di casa, incantato dal bianco. Cadevano fiocchi immensi, leggeri, spensierati. Non c’era nessun rumore, né moto, né macchine, né passi. Tutto era attutito, ovattato, morbido. E bianco. Bianchissimo. Candido. Sembrava venire da un altro mondo. Quello che noi chiamiamo neve, gli angeli chiamano silenzio. E’ stato un incontro magico. Me lo ricordo sempre, il bianco, quando sento un rumore grigio.

11 novembre 2010

A proposito di campagne stampa.


Più di qualche volta mi chiedono quale sia la mia campagna stampa preferita.
Che è un po’ come chiedere a Biancaneve qual'è il nano che preferisce. Che è un po’ come chiedere all’arcobaleno che colore ama portarsi in giro. Scelta difficile. Ma messo alle strette, proprio alle strette, tiro fuori un annuncio di qualche anno fa, per l’Emmental Svizzero. È una pagina semplice, di sintesi, pulita. L’idea è quella di trasformare il vuoto in pieno. I buchi in perle. Il prodotto formaggio in marca elegante. Negative approach. Non lo amo perché ha vinto l’Epica, il Clio e molti altri premi internazionali ma perché è silenzioso, elegante, inaspettato. O almeno così mi sembra. Ovviamente si accettano critiche. Un blog serve anche a questo.

09 novembre 2010

Sul cibo convergente

Alle Isole Vergini.
Stanco del quotidiano banale rito dell'hamburger o del barbeque americano, chiedo alla consierge (locale) un ristorante indigeno (locale) per mangiare finalmente il cibo caraibico (locale). Il punto è che i migliori ristoranti dei caraibi non sono ai caraibi, ma magari a San Francisco, o Miami o Londra. Nel menù di Chez Bamboo di Virgin Gorda, infatti, trovo le tapas (tipicamente spagnole), gli shrimps roll vietnamiti, la caprese (italiana), la caesar salad (americana) e il pesce al cartoccio louisiana style. Tre sere prima, a New York, mi viene raccomandato uno dei più trendy ristoranti alternativi: Stanton Social. Lontano dall'involgarita Quinta Strada e dalla griffata Cinquantasettesima. E' vicino a Soho ma non ancora trendy, vicino a Meat Packing ma non così segreto, lower east side. Ecco. L'idea è quella della Nuova Convergenza: ogni piatto è fatto per essere diverso. Ogni porzione è fatta di piccole porzioni da cui tutti possono attingere. E non c'è differenza tra primo e secondo, tra forchetta e chopsticks. Tutto sul tavolo per tutti. Piano piano, realizzo che da secoli in Medio Oriente, in Oriente e in Estremo Oriente si fa cosi. Nella taverna greca ti portano dei piatti e tu li dividi con gli altri commensali. E così in India. E in cina. E persino in Giappone. Siamo arrivati noi occidentali da buoni ultimi, solo che non lo sappiamo: ci crediamo sempre i primi. D'altra parte, se tu chiedi ad un americano chi ha inventato la pizza ti dice che sono stati loro. E così anche per il gelato. E se continua così l'esplosione di Starbucks, ci diranno che hanno inventato anche il cappuccino. Ma torniamo ai piatti convergenti di Stanton Social. Una zuppa di cipolle con i crostini di formaggio, a mo' di fonduta (francese). Involtini di calamari alla soia (vietnamiti), tempura di zucchini (giapponese) ravioli al radicchio (italiano) tortilla con avocado e pollo (messicano). Ora, non so perchè, ma i ristoranti trendy non sono più quelli etnici ma quelli convergenti, contaminati, in contatto perenne col mondo. On line, mi verrebbe da dire. Politically correct, oserei. Dove niente è veramente inventato, ma tutto è rigorosamente rielaborato. Impaginato. Una nuova macedonia palatale e olfattiva sta diffondendosi nel pianeta. Se questa è convergenza: divergenze di tutto il mondo, unitevi.

05 novembre 2010

Giusto il tempo di un tea

Che peccato in questi giorni non aver avuto il tempo di chiacchierare un po' con voi. E ora, ancora di corsa. Ma ci tenevo ad augurarvi uno splendido weekend.
P.S. : Troverò, almeno, il tempo per un tea? Garcon .....

02 novembre 2010

Prendo spunto da Voi


Prendo spunto dai vostri commenti al post “Pubblicità e Natura”.
Il primo commento ipotizza il ritorno al naturalismo, Caravaggio docet. Il secondo commento al primo dice che il sogno è più bello della realtà, che il film è più magico del documentario.
Non ci sono verità assolute ma verità relative. Io raccolgo dal mio giardino frutta bio e verdura organica, brutta ma incontaminata. Ma per la pubblicità racconto sogni di perfettibilità, perchè altrimenti il consumatore medio non accetterebbe. Che poi esistano consumatori più consumati e meno inclini a photoshop va altrettanto bene. Nel mondo cosmetico convivono benissimo l'Oreal e la sua mitizzazione e Dove e la sua vicinanza quotidiana.
Più si creano miti e modelle più si crea spazio per donne reali e rapporti di vicinanza. Come nel web, dove molti raccontano la loro immagine nella verità ma ancora di più raccontano come si vorrebbero, come si proiettano, come si vogliono sentire percepiti. E c'è spazio sia per l'uno che per l'altro. Come nella notte convivono stelle polari e lucciole estive.