La scorsa domenica abbiamo avuto il piacere di ospitare a "Il giorno della Marmotta" il fotografo italiano Marco Delogu, e parlando con lui di fotografia pubblicitaria mi è tornato alla memoria un passaggio di qualche anno fa, con il quale cercavo di rispondere ad una domanda: la pubblicità può essere naturale?
Ci ricordiamo tutti un manifesto forte della sua semplicità, il cui titolo dichiarava: "O così o Pomì." Bene. Com'è quel pomodoro? Intendo chiedere se quel pomodoro è un pomodoro vero o una scultura. E' una scultura, ovviamente. E il cioccolato, quella barretta rotta in due che tanto ci piace, quello è cioccolato, no? No, è legno. E il gelato che tanto stimola le nostre pupille gustative? Quello è una specie di purè chimico: il gelato vero non si può fotografare perchè si scioglierebbe sotto il calore del riflettore. Anni fa, per uno spot Vismara, trasformammo dei manici di scopa in wurstel, perfetti, colorati in modo uniforme, senza grinze e imperfezioni come i prodotti veri. Sono solo alcuni esempi.
Se rappresentassimo il prodotto così com'è, reale per davvero, lo acquisteremmo? No, noi vogliamo che la rappresentazione del prodotto sia quella idealizzata. Perchè la pubblicità non è un documentario, ma un sogno. Accusare la pubblicità di poca aderenza con la realtà è come accusare un sogno di essere poco scientifico.
Però un vero prodotto della terra è bello nella sua "imperfezione", e i veri prodotti dop, doc ecc... hanno questo "marchio" per le loro qualità, principalmente organolettiche e non soltanto per la loro "bellezza". Fotografando prodotti "perfetti" si può rischiare di farli sembrare finti. A tal proposito, basta ricordare la rivoluzione caravaggesca con la sua "mela tocca". Non è forse giunto il momento di voltare pagina e lasciarsi una cultura idealista alle spalle per guardare alla concretezza e alla forza dei prodotti?
RispondiEliminaRispondo "alla concretezza e alla forza dei prodotti", ai plus che non esistono più, ai target che non esistono più, prendendo in prestito dei versi di una poesia di Sri Yogananda. “Canta canzoni che nessuno ha mai cantato. Pensa pensieri che nessuno ha mai avuto. Cammina in sentieri che nessuno ha mai calpestato. Versa lacrime che nessuno ha mai versato. Dai pace a tutti quelli cui nessuno l’ha data. Ama con l’amore che nessuno ha mai provato”. Questa è la strada maestra della comunicazione pubblicitaria, questo il red carpet lungo il quale la marca diventa persona e poi star. Ho ancora voglia di sognare e quando acquisto un prodotto voglio ancora sognare.
RispondiEliminaAlessandro
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RispondiEliminaLa pubblicità estetizza, come la poesia incanta e la musica rapisce l'animo suonandone le corde.
RispondiEliminaSono d'accordo con Lorenzo. Voglio però raccontarvi una storia.
"Un giovane sognava di ridurre il mondo a pura logica. Siccome era giovane e molto intelligente ci riuscì davvero. Quando finì il lavoro, si trasse indietro e lo ammirò; era bellissimo, un mondo purgato dall'imperfezione e dall'incertezza, infiniti acri di ghiaccio brillante estesi fino all'orizzonte. Il giovane fiero della sua opera decise così di esplorare il suo nuovo mondo. Mosse un passo aventi e cadde riverso sulla schiena. Aveva dimenticato l'attrito. Il ghiaccio era liscio, uniforme, immacolato, ma non vi si poteva camminare, così si sedette e versò lacrime amare ma, come diventò un uomo saggio, riuscì a capire che rudezza e ambiguità non sono imperfezioni, ma ciò che fa girare il mondo. Vide che quello era il modo di essere delle cose. Così adesso si trovava abbandonato tra terra e ghiaccio e in nessun luogo a casa. E questa, fu la causa di tutta la sua pena."
Sostituite al "giovane" la "pubblicità" e sarete di fronte allo spettacolo della sua storia e al dramma della sua continua sfida.
Un saluto a tutti.
Andrea Ottoni
Avete tutti ragione e tutti torto. Come in tutte le cose.
RispondiEliminaGraie Andrea per averci regalato questa storia.
Un abbraccio a tutti voi.
Lorenzo
Lorenzo, come tu ci insegni nella fotografia pubblicitaria si usano il finto per motivi funzionali. Per esempio ricordo che quando "Anni fa, per uno spot Vismara, trasformammo dei manici di scopa in wurstel", era per due motivi: 1 il più importante, che il vero prodotto sotto la luce dei fari si cucinava ed non era più "fotogenico"; 2 un porodotto finto può essere lavorato con i colori e finiture per renderlo più bello ed attraente. Però quando acquistiamo i wurstel Vismara, e li cuciniamo, o che prendiamo il gelato dalla vaschetta e lo mettiamo su una coppa, è praticamente uguale a quello della foto. Poi il sogno c'è al momento dell'acquisto, e tu che ci fai sognare Lorenzo, quanto bello è sognare? Speriamo che la tua energia e passione che metti nel tuo lavoro non tramonti mai, continua a farci sognare e noi saremo così più felici.
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