Poi arriva il momento magico. Il suo fu contrassegnato da quello che la gente chiamava "il tocco di Napilut", quello che trasformava un fiore bello in un fiore vivo. Quello che rendeva un fiore vivo un fiore fantastico. Chi dipinge sa che a quadro finito, c'è sempre un ultimo tocco. Su un ritratto, ad esempio, c'è solo una cosa che si può fare.
Guardare gli occhi.
Intingere la punta del pennello sul bianco.
Ritornare sugli occhi.
Tic.
Tic.
Fatto. Lì, al centro delle pupille, nel cuore dello sgurdo, il tocco di luce. Il soggetto diventa persona, la persona diventa anima. Così deve aver fatto Dio, all'origine della creazione. Il soffio di vita ha lasciato un segno: è la luce del sole riflessa negli occhi. (...) Si iniziò a parlare dell'effetto Napilut: i colleghi invidiosi lo accusavano di stregonerie, i clienti innamorati lo pagavano sempre di più. Era il tocco finale che creava l'effetto. Era la vernice protettiva. Quando la preparava faceva macerare le perle dei mari del sud, tritandole finemente, polvere invisibile, si sarebbe detto fosse stesa da una fata.
Eccolo, il tocco magico. Eccolo, l'effetto Napilut.
da L'uomo dei tulipani